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Gli
impianti anti-intrusione |
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Oggi
gli impianti di videosorveglianza costituiscono delle piattaforme
di raccolta di immagini video, che vengono successivamente analizzate
da applicativi sempre più intelligenti, hanno ormai abbandonato
la vecchia denominazione di rivelatori di movimento, per assumere
la nuova denominazione di analisi del con tenuto video.
Due delle più grandi aziende americane del settore della difesa
hanno fornito alle autorità ci nesi degli applicativi intelligenti
di analisi del segnale video, che sono stati installati nelle sale
operative, che ricevono le immagini di centinaia di telecamere,
installate nelle principali città cinesi, dove si svolgeranno i
giochi olimpici. Questi applicativi sono talmente sofisticati, che
il ministero della difesa USA ha perfino avanzato obiezioni al fatto
che essi potessero essere disponibili ad una potenza straniera.
Ovviamente stiamo parlando di applicazioni limite, che oggi sono
disponibili a cifre modeste degli applicativi di analisi del segnale
video, che in molti casi possono permettere alle telecamere di sostituire
i tradizionali sensori volumetrici di intrusione. Rimane ancora
in piedi il problema del costo, ma le ultime telecamere che arrivano
dalla Cina, con qualità più che accettabile, cominciano a costare
cifre che sono molto vicine a quelle di un buon sensore a doppia
tecnologia.
A questo punto, ci si può cominciare a chiedere se e fino a che
punto i tradizionali sensori antintrusione, con relative centraline
di comando e controllo, potranno in un futuro non lontano essere
sostituiti da telecamere e da una centralina di gestione, con incorporato
il sistema di videoregistrazione, che costa sempre di meno, pur
crescendo ogni giorno la capacità di archiviazione. Chi scrive non
ritiene che questa evoluzione sia dietro l'angolo, ma desidera solo
richiamare l'attenzione di costruttori, installatori ed utilizzatori
sul fatto che, nel pianificare l’installazione di sistemi antintrusione,
basati su sensori tradizionali o su telecamere intelligenti, occorre
guardare lontano e soprattutto avere un approccio aperto al futuro.
Chi scrive sta adesso progettando i sistemi di sicurezza che dovranno
essere installati in edifici, che verranno portati a ultimazione
nel prossimo decennio. Come si fa a non pensare sin da ora a soluzioni
del genere?
Adalberto Biasiotti - Antifurto
- 6 Maggio 2008 |
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Garantire
la sicurezza di un quartiere non motiva la presenza di telecamere
che, anche in modo casuale e inconsapevole, riprendano interni di
abitazioni private, violando in questo modo la privacy dei cittadini
che ci vivono.
È quanto deliberato dal Garante in risposta alla segnalazione di
un cittadino che reputava leso il proprio diritto alla privacy dalla
presenza di diverse telecamere installate dal suo comune, in prossimità
del proprio immobile, e in grado di "guardare" fin all’interno delle
abitazioni.
Le telecamere, come affermato dallo stesso comune, erano state posizionate,
oltre che per monitorare il traffico, anche per esigenze di maggiore
sicurezza dei cittadini, tutela del patrimonio e controllo di determinate
aree.
Inizialmente il comune aveva dichiarato che l’impianto era progettato
in modo da non riprendere edifici privati ed era comunque in grado,
attraverso un sistema di mascheratura dinamica delle finestre, eventualmente
riprese, di garantire la riservatezza delle persone.
Ad ogni modo dopo aver esaminato alcune foto presentate dal Comune,
l’Autorità ha ordinato un sopralluogo dal quale è stato rilevato
che il tipo di telecamera installata consentiva facilmente di fare
zoom, brandeggio e identificazione dei tratti somatici delle persone
che venivano riprese. Pur non essendo collocate in direzione delle
abitazioni, il sistema permetteva a qualsiasi operatore, che aveva
accesso diretto al server, di spostare le telecamere nelle diverse
angolazioni e compiere così un’intromissione ingiustificata nella
vita privata degli interessati.
Dopo aver valutato questi elementi il Garante ha stabilito che,
per l’utilizzo lecito di questo sistema di videosorveglianza, il
comune avrebbe dovuto adottare ogni accorgimento volto ad evitare
la ripresa di persone in abitazioni private; dovrà circoscrivere,
quindi, la dislocazione, l’uso dello zoom e, in particolare, l’angolo
visuale delle telecamere in modo da eliminare ogni forma di ripresa,
anche nei casi di non registrazione, di spazi interni delle abitazioni
private, attraverso eventuali sistemi di settaggio e oscuramento
automatico, non modificabili dall’operatore. Il comune dovrà integrare
inoltre il modello di informativa indicando, oltre al monitoraggio
del traffico, le finalità di sicurezza e di controllo di sua competenza.
Media System Service - Maggio 2008 |
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Provvedimento |
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L’adozione
di sistemi di videosorveglianza è oggi in crescita costante. Questi
sistemi trattano dati personali: la voce e l’immagine, infatti,
sono da considerarsi, in base alla Direttiva
95/46/CE ed alla normativa italiana, informazioni riferite ad
una persona identificata o identificabile.
Le dimensioni assunte dal fenomeno, specie negli ultimi anni, e
le problematiche che l’utilizzo di nuove tecnologie solleva, hanno
spinto il Garante ad intervenire per individuare un punto di equilibrio
tra esigenze di sicurezza, prevenzione e repressione dei reati,
e diritto alla riservatezza e libertà delle persone.
Nel luglio del 2000 è stata portata a termine la prima indagine
sulla presenza di telecamere visibili in Italia.
Prima del provvedimento
generale del 29 aprile 2004, il Garante aveva già adottato nel
novembre 2000 delle prime linee guida che indicava le regole per
garantire che l’installazione di dispositivi per la videosorveglianza
rispetti le norme sulla privacy e sulla tutela della libertà delle
persone, assicurando la proporzionalità tra mezzi impiegati e fini
perseguiti.
Il Garante ha, inoltre, avviato le procedure per l’adozione di un
codice deontologico e di buona condotta del settore che fissi regole
e garanzie riguardo alla raccolta, all’uso e alla conservazione
delle immagini rilevate attraverso videosorveglianza.
Link
al Dossier completo del 24 febbraio 2006 |
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Statuto
dei Lavoratori (Art.4 della legge 300/70) |
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LEGGE
20 maggio 1970, n. 300, ART. 4 - Impianti audiovisivi.
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature
per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti
da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a
distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati
soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto
di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato
del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali
impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano
alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali
o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede
entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando
all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di
uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti
secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure
i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento,
al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. |
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